La legalità

Il principio di Legalità afferma che tutti sono uguali di fronte alla legge. La salvaguardia dal potere è data dalla divisione dei poteri, il rigore della legge, l'autonomia di chi è deputato a farla rispettare, il suo vincolo al quale anch'egli è subordinato. La storia si configura come un percorso verso la conquista della Legge, a cui tutti i titolari dei diversi poteri devono rispetto e verso il bilanciamento di questi poteri, l'autoregolazione, addirittura ancor prima e più della rivendicazione del suffragio universale. Senza legalità non c'è società, non c'è stato. Il nemico sono le mafie (macro o micro che siano) che attraversano la società con effetti disastrosi di scollamento e di deriva rispetto alla legalità, ma anche la stessa corruzione che continua ad attraversare le società avanzate e, dall'ombra in cui agisce (spesso), le contamina con i suoi veleni, sottili ma mortali, di illegalità.

1937-09-15 00:00:00

Don Pino Puglisi

Pino Puglisi nasce il 15 settembre 1937 a Palermo nel quartiere popolare di Brancaccio. Il padre calzolaio e la madre sarta assicurano al giovane Pino un’infanzia serena e un’educazione prettamente religiosa. All’età di 16 anni entra in seminario al termine del quale è ordinato sacerdote. Pino Puglisi svolge numerosi incarichi nella curia palermitana connotati sempre dalla grande attenzione rivolta ai giovani. La grande passione per l’insegnamento e il contatto con i giovani sono quindi al centro della sua missione evangelica. Cresciuto nel difficile quartiere di Brancaccio, Padre Puglisi vi fa ritorno come parroco. In questo contesto afflitto dalla criminalità organizzata, Puglisi, con grande determinazione, promuove molteplici iniziative rivolte ai giovani del quartiere fornendo loro luoghi di incontro, di studio, di gioco, con l’obiettivo principale di trasmettere valori sani di fratellanza e di rispetto della legalità. Padre Puglisi si propone il fine di evitare che i ragazzi del quartiere finiscano risucchiati dalla voracità criminale della mafia dei Graviano, entrando nel giro dello spaccio e del racket.

1939-05-18 00:00:00

Giovanni Falcone

Giovanni Falcone è stato un magistrato italiano che ha dedicato la sua vita alla lotta alla mafia. Tra i primi a comprendere la struttura unitaria e verticistica di Cosa Nostra, ha creato un metodo investigativo diventato modello nel mondo. Rigorosa ricerca della prova, indagini patrimoniali e bancarie, ostinata caccia alle tracce lasciate dal denaro e lavoro di squadra sono stati i suoi fari, le armi con le quali, insieme al pool antimafia, ha istruito il primo maxi processo a Cosa nostra, il suo capolavoro. L’eccezionale impegno di un manipolo di magistrati guidati da Falcone dopo anni di assoluzioni per insufficienza di prove portò alla sbarra 475 tra boss e gregari di Cosa nostra e si concluse con 19 ergastoli e condanne a 2665 anni di carcere. Oltre 40 anni fa Giovanni Falcone capì che le mafie si apprestavano a varcare i confini italiani e teorizzò l’importanza della cooperazione giudiziaria internazionale. A lui, al suo lavoro, al suo sacrificio è stata intitolata la risoluzione approvata all’unanimità da 190 Paesi nel corso della X Conferenza delle Parti sulla Convenzione di Palermo del 2000 contro il crimine transnazionale che si è tenuta a Vienna ad ottobre del 2020. Giovanni Falcone non si è mai sentito un eroe, ma solo un uomo dello Stato chiamato a fare il proprio dovere. Contro il mito negativo dell’invincibilità di Cosa nostra diceva: “la mafia è un fenomeno umano e come tutti i fenomeni umani ha un principio, una sua evoluzione e avrà una fine”.

1939-09-15 21:39:37

Falcone e Chinnicci

Nel 1978 Giovanni Falcone chiede il trasferimento a Palermo e viene assegnato alla sezione fallimentare. Nel 1979 si separa dalla moglie e approda alla giustizia penale. L’attività di Giovanni Falcone al Palazzo di Giustizia di Palermo coincide con un momento molto grave per la città, che nel settembre del 1979 aveva assistito all’uccisione del giudice Cesare Terranova. Rocco Chinnici, il magistrato che era stato mandato a dirigere l’Ufficio Istruzione e che da tempo invitava Giovanni Falcone a seguirlo, riesce finalmente a convincerlo. Da quel momento inizia per lui l’avventura professionale e umana più importante della sua vita.

1939-09-15 21:39:37

I processi di Falcone

Nel 1965 ottiene il primo incarico come pretore a Lentini, dove si ferma due anni. Nel 1967 viene trasferito a Trapani, città in cui inizia la sua vera storia professionale e matura la sua cultura giuridica e politica. È lì, durante il processo contro le cosche del trapanese, che avviene il suo primo incontro con i clan e con un capomafia. Alla fine il processo contro Licari viene trasferito in una sede diversa mentre la giustizia subí una sconfitta perché Trapani non potè giudicare la sua mafia, ma quella battaglia gli fece intravedere una nuova strada da percorrere per potenziare le indagini e trovare altre prove: gli accertamenti patrimoniali sulla consistenza economica dei boss

1940-01-19 01:00:00

Paolo Borsellino

Paolo Borsellino nasce a Palermo il 19 gennaio 1940 dove la famiglia possiede una farmacia. Laureatosi con lode in giurisprudenza presso l’Università del capoluogo siciliano nel 1962, partecipa nel 1963 al concorso di accesso alla magistratura, divenendo allora, il più giovane magistrato italiano. Nel 1967 diviene quindi Pretore di Mazara del Vallo e, successivamente, Pretore di Monreale dove lavora con il capitano dei Carabinieri Basile disarticolando l’organizzazione mafiosa locale con una serie di arresti di affiliati ai clan. A seguito dell’omicidio del capitano Basile in un agguato della mafia palermitana, Paolo Borsellino e la sua famiglia sono protetti dal servizio di scorta.

1975-01-19 01:00:00

I lavori di Borsellino

Dal 1975, Borsellino lavora presso l’Ufficio istruzione del Tribunale di Palermo occupandosi dei clan mafiosi della città e proseguendo così l’approfondimento delle indagini di Boris Giuliano. In questo ufficio, instaura un saldo rapporto umano e professionale con il giudice Rocco Chinnici con il quale stava sperimentando l’efficacia di una specializzazione degli inquirenti nella lotta alla criminalità organizzata. Dopo l’omicidio di Chinnici nel 1983, a capo dell’Ufficio è nominato Antonino Caponnetto; egli, comprendendo le potenzialità del coordinamento delle indagini e dello scambio di informazioni tra magistrati addetti, instaura pertanto il c.d. “pool antimafia” di cui fanno parte – oltre a Caponnetto e Borsellino – anche Giovanni Falcone, Giuseppe Di Lello e Leonardo Guarnotta. Grazie a questa iniziativa e al generale miglioramento delle capacità investigative anche sotto il profilo degli accertamenti bancari e patrimoniali, il pool ordina numerose misure di custodia (tra cui quella nei confronti di Vito Ciancimino) iniziando a ricevere le prime dichiarazioni di collaboratori di giustizia come Tommaso Buscetta e Salvatore Contorno, successivamente essenziali per l’istruzione del c.d. maxi processo.

1980-09-15 21:39:37

Cosa nostra

Falcone si rende conto di essersi imbattuto in un’inchiesta che riguarda i piani alti della mafia economica e finanziaria. Un’inchiesta che, da Cosa nostra militare palermitana, passa per il mondo politico-finanziario di Michele Sindona e arriva fin negli Stati Uniti e al gruppo mafioso legato al faccendiere siciliano. Si tratta della più potente associazione criminale dell’epoca, che controlla in quegli anni il commercio mondiale della droga di cui reinveste gli enormi proventi in attività lecite dopo averli “ripuliti” attraverso le banche. Falcone non si ferma nonostante sappia bene quali rischi corra. Il metodo investigativo che rivoluzionerà la storia della lotta a Cosa nostra nasce allora. Estende le ricerche al campo patrimoniale, una via fino ad allora poco esplorata, riuscendo a superare il segreto bancario e ottiene la collaborazione di istituti di credito e finanziarie nazionali ed estere per ricostruire i movimenti di capitali sospetti. Il suo metodo lo espone ulteriormente, perché permette di indagare in modo efficace sui capitali del clan mafioso degli Spatola-Inzerillo. Si decide quindi di assegnargli la scorta: è il 1980. Le indagini danno il risultato sperato e il processo Spatola si conclude con condanne esemplari. È la prima incrinatura nel muro dell’invincibilità di Cosa nostra.

1982-09-03 21:39:37

La morte di Falcone

Ma la reazione non si fa attendere: il 29 luglio 1983 un’autobomba massacra Chinnici insieme alla scorta e al portiere della sua casa in via Pipitone. Le immagini di “Palermo come Beirut”, il palazzo di Chinnici devastati, fanno il giro del mondo. La città, che si sente profondamente violata e scossa, affida a Giovanni Falcone le paure e le speranze di riscatto. Il giudice diventa un simbolo. Chinnici è l’ennesima vittima dello Stato: la mafia aveva già ucciso il colonnello dei carabinieri Giuseppe Russo, il vice-questore Boris Giuliano, il capitano dei carabinieri Emanuele Basile, il giornalista Mario Francese, i presidenti della Regione Pier Santi Mattarella, il segretario del PCI siciliano Pio La Torre, il procuratore Gaetano Costa, il giudice Cesare Terranova, l’agente di polizia Calogero Zucchetto, il medico Paolo Giaccone, e, come estrema sfida, il prefetto Carlo Alberto Dalla Chiesa, mandato a Palermo, senza poteri e senza mezzi, per contrastare i clan. Verrà ucciso a colpi di kalashnikov con la moglie Emanuela Setti Carraro e l’agente Domenico Russo il 3 settembre del 1982, a 100 giorni dal suo insediamento.

1985-01-19 04:14:24

La morte di Borsellino

Nel 1985, per ragioni di sicurezza, Paolo Borsellino e Giovanni Falcone sono ospitati nella foresteria del carcere dell’Asinara per la redazione degli atti necessari alla preparazione del processo citato che si concluderà a Palermo nel 1987 con 342 condanne, infliggendo un durissimo colpo a “Cosa nostra”. Nel dicembre 1986, Paolo Borsellino è nominato Procuratore della Repubblica di Marsala. Nel 1992, dopo il congedo di Caponnetto dall’Ufficio istruzione per motivi di salute e il trasferimento di Falcone a Roma quale Direttore degli Affari penali del Ministero di Grazia e Giustizia, ritorna al Tribunale di Palermo come Procuratore aggiunto per coordinare l’attività distrettuale antimafia. La strage di Capaci del 23 maggio dove perse la vita l’amico e collega Giovanni Falcone provocò in lui una profonda sofferenza. Il pomeriggio del 19 luglio 1992, Paolo Borsellino era diretto verso la casa della madre dopo aver pranzato con la famiglia a Villagrazia di Carini. Un’auto carica di tritolo parcheggiata in via D’Amelio veniva fatta esplodere cagionando la morte del magistrato e dei cinque agenti della scorta: Emanuela Loi, Agostino Catalano, Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosina e Claudio Traina.

1990-01-12 00:00:00

Il popolo

La magistratura e le forze dell’ordine svolgono un ruolo sicuramente indispensabile, ma non è sufficiente. Serve l’impegno di tutti noi, con piccoli gesti, che possono però creare seri problemi alle organizzazioni mafiose. Perché le mafie prosperano anche grazie ai nostri silenzi e alla nostra indifferenza.

1993-09-15 00:00:00

Morte di Pino Puglisi

Il 15 settembre 1993, giorno del suo stesso compleanno, verso le ore 23, davanti al portone di casa, don Puglisi, appena sceso dalla macchina, viene raggiunto dai sicari mafiosi che, dopo averlo chiamato, gli sparano vigliaccamente alla nuca diversi colpi di arma da fuoco. Padre Pino Puglisi è il primo martire della Chiesa Cattolica ad essere stato ucciso dalla mafia.

2000-01-15 00:00:00

L'aiuto delle scuole

lle scuole , le quali, hanno il compito ed il dovere morale di trasmettere i valori della giustizia con la partecipazione a giornate a tema e si creano processi di formazione e sensibilizzazione che portano alla nascita di una generazione di persone consapevoli della pericolosità del fenomeno mafioso

2013-11-28 00:00:00

La mafia uccide solo d'estate

Il film "La mafia uccide solo d'estate", diretto e interpretato da Pierfrancesco Diliberte in arte Pit, narra di Arturo, un bambino vissuto a Palermo tra gli anni "70 e '90, che ha come compagna di vita la mafia. In modo originale, si vede come la mafia cresce silenziosamente, in contemporanea alle esperienze di vita del protagonista, in una società inizialmente di persone omertose. Arturo, all'apparenza, sembra un bambino come gli altri: un po' goffo e impacciato, che si innamora di una sua compagna di classe, Flora, ma ha paura di dichiararsi perché ha sentito dire dagli adulti che le persone vengono uccise per questione di femmine o di gioco. La sua innata ma ingenua curiosità lo porterà alla costante ricerca, nei giornali e nella televisione, di risposte alle sue domande sul mondo degli adulti e di ciò che lo circonda. Grazie alle sue passioni e all'interesse per Flora, Arturo incontrerà casualmente persone che hanno combattuto contro la mafia e che per questo sono stati uccisi, come l'ispettore Boris Giuliano, il giudice Rocco Chinnici e il generale Dalla Chiesa, che lo hanno aiutato anche nella sua crescita personale. La chiave narrativa con la quale viene raccontata la storia, è leggera ed intelligentemente ironica ma mai offensiva nei confronti delle vittime, perché vista dagli occhi innocenti di un bambino. Personalmente è un film che consiglierei, per una visione didattica, perché di facile comprensione ed aiuta a capire e ricordare con più facilita la storia del nostro Paese.

2014-10-28 00:00:00

Ciò che inferno non è

Federico ha diciassette anni e il cuore pieno di domande alle quali la vita non ha ancora risposto. La scuola è finita, l'estate gli si apre davanti come la sua città abbagliante e misteriosa, Palermo. Mentre si prepara a partire per una vacanza-studio a Oxford, Federico incontra "3P", il prof di religione: lo chiamano così perché il suo nome è padre Pino Puglisi, e lui non se la prende, sorride. 3P lancia al ragazzo l'invito a dargli una mano con i bambini del suo quartiere, prima della partenza. Quando Federico attraversa il passaggio a livello che separa Brancaccio dal resto della città, ancora non sa che in quel preciso istante comincia la sua nuova vita. La sera torna a casa senza bici, con il labbro spaccato e la sensazione di avere scoperto una realtà totalmente estranea eppure che lo riguarda da vicino. Alessandro D'Avenia narra una lunga estate in cui tutto sembra immobile eppure tutto si sta trasformando, e ridà vita a un uomo straordinario, che in queste pagine dialoga insieme a noi con la sua voce pacata e mai arresa, con quel sorriso che non si spense nemmeno di fronte al suo assassino.

La legalità

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